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  • Sakushinkan Budo

Dōjō 道場

Dojo (道場 dōjō) è lo spazio per eccellenza in cui si praticano le arti marziali. Gli ideogrammi rimandano al "luogo [in cui si segue] la via". Il termine, di origine buddhista, venne poi adottato nell'ambito marziale ed è a tutt'oggi diffuso in questo ambiente.

Anticamente il Dojo era un luogo chiuso, accessibile solo a pochi membri autorizzati e dove non si poteva neanche assistere. Ogni Dojo difendeva il sapere della propria scuola e per questo l'insegnamento veniva custodito gelosamente.


 

I dojo sono sempre stati una seconda casa per maestri e allievi, ragion per cui questi spazi venivano adornati per poterne esaltare il valore: la 神棚 kamidana, ad esempio, è un oggetto che commemora e celebra il lignaggio dei maestri della scuola e che frequentemente si trova in posizione d’onore all’interno dei locali adibiti all’addestramento.

Vi sono inoltre i 畳 tatami a ricoprire il pavimento, per permettere un allenamento meno traumatico per ossa, articolazioni e muscoli, soprattutto quando si apprendono movimenti poco conosciuti che, se mal praticati, potrebbero causare contusioni importanti.

In questo luogo si medita, si apprende, si instaurano legami di amicizia e di rispetto, ci si concentra nello studio delle discipline, è cioè il posto dove il “”, la via, si fa percorso concreto e tangibile.




Il dojo non è una semplice palestra, come si tende a pensare alle nostre longitudini: nella cultura dell’Asia orientale esso consente di raggiungere l’equilibrio tra corpo e psiche, conducendo al miglior traguardo individuale. Chi guida gli allievi in questo percorso è il 先生 sensei o maestro, che, dalla cima gerarchica del dojo, dirige la scuola e ne permette il buon funzionamento con l’aiuto dei 先輩 senpai, gli allievi con maggiore anzianità. Essi fungono da guida per i più giovani 後輩 kōhai, che ne traggono l’esempio.

Quale luogo di pratica, ricerca e crescita, all’interno del dojo l'allievo si affranca momentaneamente dei pensieri suscitati dalla vita quotidiana. Egli, cioè, libera la mente per concentrarsi sul qui e ora e creare una versione migliore di sé. Il dojo è perciò un luogo di studio, concentrazione e pratica, sarebbe errato definirlo uno spazio per lo svago.


 

Nel dojo vige l’etichetta, un insieme di regole che consentono il buon funzionamento dei suoi meccanismi. Tra di esse si può citare l’utilizzo del 稽古着 keiko gi, l’abito usato nell’addestramento che uniforma tutti gli apprendenti, cancellando le differenze sociali che li separano quando si trovano al di fuori del dojo. Oltre alla cura di questo abito da pratica si esige la cura di sé, la compostezza, il rispetto del luogo e dei presenti, la sobrietà dell’aspetto (gli orecchini, le collane e altri gioielli sono per altro pericolosi durante la pratica e vanno tolti). Una volta seguite queste regole, l’allievo può godere dell’arricchimento che le virtù del 武徳 butoku, le arti marziali, possono fornire alla sua persona.

Nel dojo, inoltre, la violenza fine a se stessa non è accettata, poiché l’insegnamento fondamentale è quello che consente all’allievo di crescere nella forza mentale, l’unica destinata a permanere nel tempo e a migliorarlo come individuo, diversamente dalla forza fisica brutale e dal suo uso senza restrizioni.

Questo tentativo di miglioramento di sé richiede forza di volontà, impegno ed è un vero e proprio sforzo cui dedicare molte energie, ma è proprio in virtù di ciò, che il raggiungimento dei risultati suscita nel praticante una soddisfazione più profonda e di più lunga durata.

Il rispetto per il luogo parte dai primi momenti in cui si ha a che fare con questo spazio: sia all’ingresso che all’uscita è abitudine inchinarsi, verso il dojo e verso i maestri che in quel luogo testimoniano il perpetuarsi del loro insegnamento.

E’ buona pratica inoltre pulire il dojo con regolarità, come gesto di ringraziamento e come forma di attenzione nei confronti di chi lo userà successivamente.




E’ giusto inoltre sottolineare come anticamente il dojo non fosse per forza un luogo di origine artificiale: il dojo per eccellenza è infatti la natura, spazio a cui anche il Sakushinkan è legato sia per questioni di tradizione marziale che per l’influenza dello 修験道 shugendō, la via dei monaci di montagna. La natura è talora per noi ambiente di pratica, specialmente quella di montagna, dove saltuariamente si conducono sessioni di 山の稽古 yama no keiko (pratica in montagna).

Il dojo principale del Sakushinkan è lo 本部道場 honbu dōjō situato nel tempio Tenryuzanji di Cinte Tesino. In esso, gli allievi della scuola ritrovano il maggiore legame con la tradizione sotto più punti di vista, specialmente quello marziale e quello spirituale. Il tempio costituisce infatti la dimora spirituale della scuola, dove gli allievi possono spendere tempo anche per ritiri di una certa lunghezza, le 接心 sesshin. In esse il legame forte che le arti marziali possedevano nell’antichità coi templi buddhisti si ricostituisce, giacché i praticanti entrano nei ritmi della vita del tempio e si immergono nelle sue consuetudini.




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